POTERE DI DIREZIONE E COORDINAMENTO NELLE COOP. DI PRODUZIONE E LAVORO

 

                       

Con sentenza del 23 ottobre 1997 n. 10422, la Cassazione civile, ha stabilito che la società cooperativa di produzione e lavoro, avendo come scopo istituzionale quello di fornire occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione, è necessariamente caratterizzata dalla presenza di una organizzazione produttiva, la quale postula l’attribuzione, in capo alla società, di poteri di direzione e di coordinamento relativi all’espletamento delle prestazioni di lavoro da parte dei soci. Deve quindi riconoscersi che tali società, in presenza di comprovate esigenze organizzative, abbiano il potere di disporre l’assegnazione (e l’eventuale trasferimento) dei propri soci in una delle diverse sedi nelle quali si articola lo svolgimento della loro attività.

La decisione annotata, con una esauriente motivazione, affronta la problematica concernente i poteri delle cooperative di produzione e lavoro in merito al trasferimento dei soci.  Una società coop. di produzione e lavoro, a seguito del venir meno di un appalto di servizi, disponeva il trasferimento del socio ad altra sede. Quest’ultimo, dopo un certo numero di mesi, abbandonava di fatto il posto di lavoro e, quando la coop. reagiva a questo suo comportamento con l’esclusione dalla società, oltre a dedurre le sue precarie condizioni di salute, obiettava che il trasferimento in un’altra sede avrebbe avuto carattere solo temporaneo e che quindi legittimamente egli aveva cessato di lavorare nella nuova sede perchè era suo diritto di prestare la propria opera nella città nella quale il rapporto societario si era originariamente costituito.

Secondo la Suprema Corte, anche a voler ammettere la legittima aspettativa del socio al mantenimento dell’impiego lavorativo nel luogo ove il rapporto sociale si è originariamente instaurato, non può non rilevarsi che, una volta venute meno le condizioni obiettive da cui quel lavoro dipendeva, una tale aspettativa resti inevitabilmente priva di qualsiasi fondamento giuridico.

Cosicché appare difficilmente contestabile la legittimità della deliberazione di esclusione adottata dalla società nei confronti del socio, giacché questi ha cessato unilateralmente ed ingiustificatamente di prestare quell'opera cui si era invece impegnato e che costituisce la ragion d’essere dell’ente cooperativo.

Come evidenziato correttamente nella sentenza  di che  trattasi, alla soc. coop. di produzione e lavoro, “in presenza di comprovate esigenze organizzative”,  deve essere riconosciuto il “potere di disporre l’assegnazione ( e l’eventuale trasferimento ) dei propri soci in una delle diverse sedi nelle quali si articola lo svolgimento della loro attività”.

 

 

COOP. OBBLIGATE AL VERSAMENTO DEI CONTRIBUTI SE IMPEGNANO I SOCI PER LAVORI IN CONTO TERZI

Le Cooperative devono pagare i contributi previdenziali in favore dei soci, se questi sono impiegati in lavori assunti dall’organizzazione per conto terzi. La Cassazione ha affermato questo principio con la sentenza 8370/97 della Sezione lavoro. Secondo la tesi accolta dai giudici di merito, in materia di obblighi previdenziali, vi sarebbe (in base all’art. 2 e 3, Rd 1422/1942) un’equiparazione ai datori di lavoro delle cooperative rispetto ai propri soci, senza che si possano stabilire eccezioni in base al tipo di lavoro che questi sono chiamati a svolgere.

Per le cooperative di produzione la Cassazione però, richiamando la relazione ministeriale al codice civile, ricorda che queste cooperative hanno scopi prevalentemente mutualistici, consistenti nel fornire beni o servizi direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato. Può accadere che queste società svolgano lavori in conto terzi, avvalendosi dell’opera dei propri soci. E’ solo a questa situazione che il comma 3 dell’art. 2 del regio decreto del 1942, fa riferimento, quando stabilisce l’obbligo contributivo, per i soci impiegati “in lavori  da esse assunti”. La Corte di legittimità non ha ritenuto corretto l’indirizzo assunto dai giudici di merito, secondo i quali la norma, con riferimento ai lavori svolti in conto terzi, stabiliva in realtà una previsione aggiuntiva rispetto all’obbligo ordinario, gravante su tutte le cooperative, di versare i contributi per i propri soci. Quindi per questi ultimi, secondo la Cassazione, se non siano gia dipendenti, i versamenti previdenziali vanno effettuati quando prestano la loro opera in lavori assunti dalle cooperative stesse.

La normativa in materia di assicurazioni sociali, e in particolare l’art. 2 del Rd 1422/1924 per l’assicurazione obbligatoria e l’art. 1 del Dpr 797/1955 per gli infortuni sul lavoro, assimila le cooperative di produzione e lavoro anche nei confronti dei soci.

L’applicazione di tali norme è avvenuta però sempre in modo restrittivo da parte della giurisprudenza, che, nel valutare l’attività svolta dai soci, ha ritenuto la stessa finalizzata principalmente al raggiungimento  dello scopo sociale, dando rilevanza maggiore a tale aspetto rispetto al lavoro eseguito dai soci e ritenendo in conseguenza il rapporto con la cooperativa sottratto alla disciplina del lavoro subordinato.

Le cooperative di produzione e lavoro hanno però fondamento nell’attività svolta dai soci, attività che costituisce un elemento base dell’organismo; tale realtà è evidenziata anche nella Legge 127/1971, che nell’art. 2 richiede per tali forme associative il requisito che il socio sia in grado di svolgere l’arte o il mestiere corrispondente alla specificità della cooperativa, escludendo la qualifica per coloro che esercitano in proprio imprese identiche o affini e ammettendo nell’organismo stesso, solo per quanto necessario, soci con funzioni tecniche o amministrative.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 8370 del 2 settembre scorso, riconosce l’obbligo per le società  cooperative di versare i contributi previdenziali a favore dei soci, oltre che nei casi disciplinati dal Dpr 602/1970 o in presenza di un rapporto di lavoro regolarmente instaurato con i soci stessi, anche a  favore dei soci impiegati a eseguire lavori che le cooperative stesse hanno assunto per conto terzi. La sentenza rettifica una pronuncia del giudice di merito che aveva riconosciuto l’obbligo delle assicurazioni sociali nei confronti di tutti i soci senza alcuna distinzione, dando una interpretazione estensiva all’art. 2 del Dpr 1422/1924.

Nelle cooperative di servizi, oggi sempre più diffuse, l’attività in un determinato settore costituisce l’oggetto della società e la finalità è perseguita proprio con l’assunzione del lavoro svolto dai soci da parte dell’organismo.

L’interpretazione crea però una distinzione, come evidenziato nella stessa sentenza, fra cooperative di servizi e quelle di produzione, per le quali dovrebbe permanere l’esclusione; anche in queste però va analizzata la situazione di fatto e potrebbe essere ammessa la tutela nel caso il prodotto riguardi commesse assunte dalla cooperativa, senza alcun contatto dei soci con l’esterno.

Le problematiche sono varie e non possono essere risolte con applicazione della normativa esistente, emanata da tempo, anche se con interpretazioni estensive della stessa.

E’ auspicabile che il legislatore provveda al più presto in modo organico alla revisione della normativa esistente.